di redazione

Dura poco la permanenza al secondo posto della Juventus. Ad appena tre giorni dal sorpasso subito dal Napoli, la Signora si riprende la vetta della classifica a 12 punti e scaccia i fantasmi della sconfitta con l’Inter. Lo fa per la verità contro un avversario per lo più inerme, il Cagliari, che esce dalla Stadium come una vittima sacrificale, travolto 4-0.

I bianconeri chiudono la pratica già nel primo tempo con le reti di Rugani (primo gol juventino dopo 22 partite), Higuain (quarto centro in Campionato, come Milik, visto che la gara tra i due eccita molti) e Dani Alves (anche per lui prima rete con la nuova maglia). Nella ripresa chiude il discorso l’autogol di Ceppitelli, che devia nella propria porta un tiro di Lemina respinto da Storari (il migliore dei suoi).

Negli stessi minuti il Napoli non riesce ad assestare il colpo vincente contro il Genoa e deve accontentarsi di uno 0-0 che lo relega in seconda posizione, a 10 punti. La partita a Marassi è di quelle toste: il ritmo è alto, l’aggressività ancora di più e le emozioni non mancano, ma i due portieri sono in gran serata. L’occasione più ghiotta capita ad Hamsik, che però colpisce la traversa.

La squadra di Sarri si fa rosicchiare così due lunghezza anche da Inter e Roma, entrambe terze a 10 punti dopo le rispettive vittorie contro Empoli e Crotone. I nerazzurri danno continuità all’insperato successo di domenica contro la Juve e ci riescono ancora una volta grazie al loro uomo migliore, Mauro Icardi, autore di una doppietta che lo proietta in cima alla classifica dei marcatori con sei reti (di cui quattro di testa). Sempre più la squadra di Icardi ma anche di Joao Mario, che in assenza dello squalificato Banega si è incaricato di svolgere anche il suo compito. Il portoghese si è inserito perfettamente negli schemi di De Boer ed ha dato al centrocampo dell'Inter una nuova consistenza. Ieri poi, si è reso protagonista di un ottimo intervento difensivo con immediato lancio al millimetro che ha messo Iardi solo davanti al portiere per il raddoppio interista.

Più facile il compito dei giallorossi, che all’Olimpico si sbarazzano del Crotone con un netto 4-0. Va in gol tutto il tridente di Spalletti: apre le danze El Shaarawy, poi Salah chiude i giochi prima ancora dell’intervallo. Nella ripresa c’è spazio per la doppietta di Dzeko, che sul primo gol sfrutta con un bel pallonetto il solito assist al volo da centrocampo firmato Francesco Totti. Nel finale c’è tempo anche per vedere Szcezsny parare un rigore a Palladino. A 10 punti con Inter e Roma c’è anche il sorprendente Chievo, che vince ancora, stavolta contro il Sassuolo. Il 2-1 finale porta le firme di Rigoni e di Castro. In mezzo, il momentaneo pareggio del solito Defrel.

Al quarto posto si rivede il Milan, che si rilancia a 9 punti grazie alla vittoria di martedì contro la Lazio, facilitata dallo stato confusionale di Simone Inzaghi, che sbaglia formazione (con Keità e Anderson che iniziano la gara in panchina) e poi non è più in grado di rimediare. A decidere l’incontro sono una rete in contropiede di Bacca, propiziata da un errore di Parolo, e un rigore trasformato nella ripresa da Niang.

A pari punti con il Milan c’è il Bologna, che mercoledì pomeriggio batte 2-0 la Sampdoria. Apre le marcature un gol sensazionale di Verdi, che riesce a infilare sotto l’incrocio un tiro al volo, potente e da lontano. Nel secondo tempo ci pensa il redivivo Destro a mettere a segno il punto della sicurezza.

A quota sette punti, insieme alla Lazio, fi affacciano anche Udinese e Fiorentina, che al Friuli danno vita probabilmente alla gara più spettacolare della giornata. Al vantaggio iniziale dei padroni di casa firmato da Zapata risponde Babacar, che – preferito a Kalinic – segna di tacco sfruttando l’assist fornito da Tello al termine di una bella azione personale. Danilo riporta in vantaggio i friuliani (non segnava dal dicembre del 2014), ma poi i toscani pareggiano nuovamente con un rigore trasformato da Bernardeschi.

Chiudono il quadro della giornata la vittoria esterna del Palermo sull’Atalanta (ancora in gol il macedone Nestorovski) e lo 0-0 fra Pescara e Torino, con i granata che riescono a resistere anche in 9 uomini e alla fine hanno addirittura l’occasione di vincere con Belotti.

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Smentendo ogni previsione della vigilia, l’Inter, la malata Inter, sconfigge la Juventus, la straordinaria Juventus. Dimenticata la sciagurata partita di Europa League, quella che va in campo è tutta un’altra Inter. Sotto di un gol, ne fa due e gioca i minuti finali in dieci ma continuando ad attaccare. Dicono sia il bello del calcio veder ribaltare i pronostici, ma è certo che ieri sera il bello aveva la sua giusta cornice: 76.000 spettatori e record d’incassi (4 milioni di Euro). Pressing asfissiante, controllo del gioco, nessun timore di tenere il baricentro alto: questa è stata la partita dei nerazzurri di De Boer, che nell’occasione ha giocato anche il ruolo di scaccia fantasmi, allontanando proprio quelli vestiti da Capello, Garcia e Prandelli.

Complicato in origine il gioco bianconero, chiuso Pjanic in un fazzoletto di campo, l’Inter ha sfornato una prestazione superiore, con Banega nel ruolo di direttore d’orchestra ed uno straordinario Icardi che ha letteralmente incantato San Siro. Vuoi per la presenza degli eroi del Triplete in tribuna, vuoi perché il tempo non può che lavorare a favore di un organico che su otto undicesimi è tra i migliori del campionato, ieri sera i nerazzurri hanno mostrato cosa sanno fare, sebbene ancora in un condizione fisica non perfetta. De Boer, d’altro canto, ha parlato di novembre come il mese in cui si vedrà la vera Inter. Intanto la Juve è servita, dunque imbattibile non è.

La squadra di Allegri, probabilmente convinta di poter dominare un’Inter ancora imballata e in costruzione, non ha considerato le motivazioni che i nerazzurri trovano al Meazza di fronte alla Juve. Sotto tono e ingabbiato Pjanic, in difficoltà il trio difensivo sotto il pressing interista, sia Mandzukic che Higuain non hanno mai messo la Juve in condizione di rendersi veramente pericolosa, benché la partita di Dybala sia stata discreta. Una sconfitta non può che far bene per far tornare i campioni d’Italia con i piedi per terra. Succede infatti che quando tutti dicono che sei il più forte, tutti provano a batterti. Meglio saperlo.

A questo punto, perciò, i bianconeri si fermano a quota 9 in classifica e il Napoli è primo da solo in testa con 10 punti. Sabato la squadra di Sarri batte 3-1 il Bologna con un’altra doppietta del nuovo gioiellino Milik, che risolve la gara dopo il vantaggio di Callejon e il momentaneo pareggio di Verdi.

Come somma beffa, la Juve viene raggiunta in classifica anche dal Sassuolo dei miracoli, vittorioso per 2-0 in casa sul Genoa grazie a un rigore trasformato da Politano e procurato da una grande giocata di Defrel, e da un colpo di testa vincente in tuffo ad opera dello stesso Defrel.

Con questo risultato i neroverdi di Di Francesco riescono anche a superare di due lunghezze la Roma, battuta per 1-0 nel posticipo dalla Fiorentina. A decidere la gara del Franchi è una rete di Badelj, sul cui destro da fuori c’è però l’ombra di un fuorigioco di Kalinic, che si trovava fra il pallone e Szczesny.

I giallorossi vengono così raggiunti in classifica dai cugini della Lazio, che in uno degli anticipi di giornata regolano il Pescara con tre gol nell’arco di nove minuti: prima i colpi di testa di Milinkovic e Radu, poi la botta sotto la traversa di Immobile su grande assist di Keita.

Arriva a quota 7 anche il Chievo, che vince 2-1 in rimonta a Bergamo. Al vantaggio iniziale dell’Atalanta con Zapata rispondono prima Castro, poi Cacciatore, che segna il gol vittoria per i veneti al 94esimo.

Bella vittoria anche del Cagliari, vittorioso per 3-0 sull’Atalanta con una doppietta di Borriello (ex della gara) e una rete di Sau. Chiudono il quadro della giornata l’1-1 fra Crotone e Palermo e il pareggio a reti inviolate fra Torino e Empoli. 



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In una domenica funestata dal maltempo che ha colpito quasi tutta l’Italia, la partita della giornata è Roma-Sampdoria. I giallorossi la portano a casa e arrivano a 7 punti in classifica, agganciando il Napoli, ma che fatica. Il gol in avvio di Salah porta avanti padroni di casa, che poi però si fanno rimontare prima dell’intervallo. I blucerchiati prima pareggiano con una prodezza di Muriel, poi passano in vantaggio con Quagliarella. Intanto, sull’Olimpico si scatena un nubifragio che allaga mezzo stadio. L’arbitro sospende la partita e Spalletti ha il tempo di riorganizzare la squadra.

Dopo una lunga interruzione, i capitolini cambiano musica con gli ingressi di Totti e Dzeko: il capitano accende la luce, il bosniaco sbaglia tanto come al solito, ma su un assist straordinario del numero 10 riesce a stoppare e a insaccare in bello stile. Dopo 20 minuti di assedio romanista la Samp prova a reagire e per poco sfiora il colpaccio, ma non è destino. Al 92esimo Dzeko cade in area con ritardo malandrino rispetto al contatto, ma l’arbitro assegna il rigore. È il quarto per la Roma in 3 giornate. Totti trasforma spiazzando Viviano. Sono 259 in Serie A.

Un gol negli ultimi minuti decide anche la partita di San Siro, dove il Milan viene sorprendentemente sconfitto per 1-0 dall’Udinese. A due giri d’orologio dal 90esimo, Badu mette dentro il pallone per Perica, che insacca trovando con una buona dose di fortuna una deviazione decisiva da parte di Abate. I friulani non vincevano a Milano contro i rossoneri da ben nove anni.

La Lazio riesce a tornare con un punto dalla trasferta di Verona. Il Chievo passa in vantaggio nella ripresa con un colpo di testa di Gamberini, lasciato incredibilmente solo sul limite dell’area piccola in occasione di un calcio d’angolo. Dopo pochi minuti i biancazzurri però riescono a pareggiare i conti con un altro colpo di testa, stavolta di De Vrij, alla prima marcatura con la maglia della Lazio.

La squadra di Inzaghi è così già a -5 dalla vetta della classifica, occupata naturalmente dalla Juventus, unica squadra della Serie A ancora a punteggio pieno. L’ultima vittoria di bianconeri risale a sabato, quando allo Stadium la squadra di Allegri si è sbarazzata con una facilità disarmante del Sassuolo. Il 3-1 finale matura interamente nel primo tempo: ad aprire le marcature è, nemmeno a dirlo, Higuaìn, autore di una doppietta spettacolare (soprattutto il secondo gol, segnato con un potente tiro al volo su un assist a palombella di Kedhira). La rete che chiude la partita è una tap in di Pjanic.

Nell’altro anticipo di giornata, il Napoli fa un sol boccone del Palermo, schiantato 3-0 in trasferta. In questo caso, tutti i gol arrivano nella ripresa: a segnarli sono Hamsik e Callejon, con lo spagnolo autore di una doppietta (la seconda dopo quella messa a segno contro il Milan).

In attesa di Empoli-Crotone e del recupero di Genoa-Fiorentina (sospesa per pioggia), chiudono il quadro della giornata Bologna-Cagliari e Atalanta-Torino. Al Dall'Ara vincono 2-1 grazie alle reti di Verdi (su punizione) e Di Francesco (primo gol in A); bella ma inutile la punizione di Bruno Alves che accorcia le distanze per i sardi.

Stesso risultato a Bergamo, dove la squadra di Gasperini supera i granata grazie alla gentile collaborazione di Joe Hart. Dopo il momentaneo vantaggio torinista firmato da Iago Falque con una gran punizione, il portiere della nazionale inglese decide di esordire nel campionato italiano con un’uscita a farfalle che propizia il pareggio di Masiello. Decide la partita un rigore trasformato da Kessiè, alla quarta rete in tre partite.

Con una rimonta negli ultimi dieci minuti grazie a una doppietta firmata Icardi, l’Inter passa a Pescara e vince la sua prima partita della stagione. Gara divertente e occasioni da entrambe le parti con portieri alla ribalta. Il tabellino direbbe che l’Inter, vuoi per i gol, vuoi per possesso palla, vuoi per un numero enorme di corner, abbia dominato, ma così non è stato.

Certo, la squadra di Oddo ha giocato solo di rimessa ma le ripartenze tra Caprari e Verrè sono state da manuale e i nerazzurri hanno rischiato di perdere, cosa che avrebbe aperto problemi serissimi ad Appiano Gentile.

Sugli scudi Banega e Icardi, con Handanovic i migliori, sotto tono sono apparsi Candreva e Perisic, mentre ci si chiede come D’Ambrosio possa giocare nell’Inter. Di Caprari e Verrè si è detto ma tutto il Pescara ha giocato bene. La squadra di De Boer ha risentito positivamente dell’innesto di Joao Mario e di un assetto più logico ma l’assenza di rapidità e di furore agonistico non consente il decisivo salto di qualità.

Intanto De Boer rompe un tabù e negli ultimi dieci minuti fa entrare tre attaccanti e la differenza di tasso tecnico viene fuori. Mosse così in Italia sono inconsuete, solo Mourinho ne inseriva due insieme. Intanto i tre punti avvicinano la squadra all’allenatore e viceversa.

di redazione

I tre punti sono arrivati, ma quanta fatica. L'Italia comincia bene il torneo di qualificazione ai mondiali di Russia 2018, battendo 3-1 in trasferta la modesta squadra di Israele. Lo fa con una prova più di carattere che di gioco, resistendo per 35 minuti in inferiorità numerica.

I nostri avversari iniziano la partita con velocità  e convinzione, ma con altrettanto disordine. Gli azzurri non hanno difficoltà a contenere l'esuberanza degli israeliani, che in difesa non dimostrano molta organizzazione. Dopo un quarto d'ora, infatti, Pellè si ritrova smarcato nell'area piccola, liberissimo d'insaccare con il più semplice dei tocchi un cross basso di Antonelli. L'esterno del Milan è uno dei più positivi della prima frazione, insieme al compagno di club Bonaventura, con cui forma un’inedita quanto dinamica catena di sinistra.

Non a caso, l'azione che porta al raddoppio azzurro nasce proprio da un'iniziativa di Bonaventura, che con un doppio passo salta il diretto avversario e viene atterrato sulla linea dell'area di rigore. L'arbitro fischia e Candreva trasforma in scioltezza dal dischetto, spiazzando il portiere.

La partita sembra finita, ma non è così. A rimettere in gara Israele ci pensa Chiellini, che, dopo il doppio svarione in amichevole contro la Francia, conferma di attraversare un periodo di scarsa concentrazione. Dopo aver rimediato un'ammonizione inutile, il centrale della Juve sbaglia un controllo in fase di disimpegno  e innesca l'attacco avversario. Il pallone finisce sui piedi di Ben Haim, che s'inventa un pallonetto chirurgico dal vertice dell'area. Probabilmente lo racconterà ai nipotini: non è cosa da tutti i giorni battere Buffon (piazzato male) con un colpo del genere.

Prima dell'intervallo Candreva deposita un cioccolatino sulla testa di Pellè, che gira il pallone a botta sicura, ma il portiere israeliano fa una gran parata e devia in calcio d'angolo.

A inizio ripresa gli azzurri hanno un'altra occasione con un inserimento centrale di Eder, ma il pallonetto al volo del centravanti interista esce di poco. Purtroppo, al 54esimo Chiellini corona la sua prestazione da incubo rimediando una seconda ammonizione, inutile come la prima, per una trattenuta ingenua a centrocampo. Rimaniamo in 10. Ventura corre ai ripari inserendo Ogbonna al posto di Bonaventura, ma nel caldo di Haifa l'inferiorità numerica si fa sentire.

A mezz'ora dalla fine inizia un vero e proprio assedio israeliano alla porta di Buffon. Per ridare smalto alla manovra il ct azzurro mette in campo Florenzi per Candreva e Immobile per Eder. L'Italia però si schiaccia indietro, non riesce a ripartire in velocità e quando allontana il pallone lo fa con lanci lunghi su cui i padroni di casa arrivano sempre per primi.

In questa fase è prezioso il lavoro di Verratti, che non era in condizione di giocare tutta la partita (era prevista la staffetta con Montolivo), ma nell'emergenza si sacrifica in un gran lavoro d'interdizione più che di regia.

Poi, all'83esimo, un lampo. Buffon rinvia, Pellè prolunga di testa, Immobile tira una spallata al suo marcatore e scarica in rete un destro di pura rabbia. Quattro minuti dopo lo stesso attaccante ex pupillo di Ventura ai tempi del Torino ha sul sinistro la palla per chiudere la partita, ma solo davanti al portiere spreca l'occasione tirando a lato. Di lì alla fine, però, non succede più nulla.

Insomma, un esordio positivo. Vale la pena di sottolineare la spregiudicatezza di Ventura, che malgrado l’inferiorità numerica non rinuncia mai alle due punte. Fosse andata male, naturalmente, sarebbe stato subissato di critiche per questa scelta. Per fortuna è andata bene, ma fra un mese avremo bisogno di un gioco molto più brillante. Davanti a noi ci sarà la Spagna, che ieri ha disintegrato 8-0 il Liechtenstein.

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Inizia male l’era Ventura sulla panchina dell’Italia. Il 3-1 subito in casa per mano della Francia lascia pensare che il carattere impresso da Conte agli azzurri sia già un ricordo e sporca la storia della nazionale al San Nicola di Bari (fin qui, 9 vittorie e un pareggio), città che in passato aveva fatto la fortuna dell’attuale ct.

La partita è caratterizzata da due anomalie. Primo, a prodursi con costanza nella nobile arte del catenaccio-e-contropiede sono i francesi, non gli 11 di Ventura, che pure è un maestro di questo schema elementare (non a caso il momentaneo pareggio di Pellè arriva grazie a una ripartenza sulla fascia di Eder).

Secondo, gli errori più gravi degli italiani arrivano nell’unico reparto che eravamo abituati a considerare solido: la difesa. Tutti i gol dei nostri avversari sono figli di svarioni della nostra retroguardia: sull’1-0 di Matial, Chiellini buca la chiusura e Barzagli sbaglia il fuorigioco; il 2-1 di Giroud pesa ancora su Chiellini, che perde la marcatura; il 3-1 finale, invece, è figlio di una clamorosa ingenuità dell’esordiente Donnarumma, che su un cross sbagliato da Kurzawa si preoccupa di coprire al centro, mentre il pallone s’insacca sul primo palo.

I nostri avversari sono probabilmente superiori a livello tecnico, ma si limitano al minimo sindacale. Chiudono gli spazi al centro, lasciando che gli azzurri si dilettino in quelle decine di cambi di gioco che tanto piacciono al nostro allenatore. Il problema è che i francesi prosciugano la fonte del nostro gioco, mettendo in marcatura a uomo Giroud su De Rossi nel primo tempo e Gignac su Verratti nella ripresa.

Il compito d’impostare, perciò, ricade interamente sulla difesa. Un bel guaio, considerando l’assenza di Bonucci e del suo piede sinistro. Agli azzurri non resta che arrangiarsi passando il pallone ad Astori, che è un buon marcatore ma non certo un playmaker con visione di gioco. E infatti gli errori si sprecano.

Nei rari casi in cui riusciamo a raggiungere le fasce, peraltro, troviamo sbocchi solo sulla destra con Candreva. Nella ripresa la situazione migliora sulla catena di sinistra con l’ingresso di Florenzi al posto di De Sciglio, ma la manovra è comunque troppo lenta e prevedibile. Mancano le sovrapposizioni, le triangolazioni, i movimenti senza palla. Raramente riusciamo a mettere in difficoltà gli esterni difensivi di Deshamps e il povero Pellè rimane ancorato in mezzo a tre giganti francesi, aspettando palloni che non arrivano mai.

L’unica nota positiva della serata è che, finalmente, hanno esordito con la maglia della nazionale maggiore Rugani, Belotti e Donnarumma (d’accordo, ha sbagliato, ma ha pur sempre 17 anni ed è indiscutibilmente il successore di Buffon). A volersi concedere una considerazione frivola, è davvero bella anche la nuova divisa sfoggiata dagli azzurri, probabilmente la più elegante da molti anni a questa parte.

Per il resto, il confronto Ventura-Conte può sembrare ingeneroso dopo una sola partita, ma è inevitabile. Il tecnico genovese è un vecchio maestro del calcio spumeggiante di provincia, un uomo capace di portare il Torino in Europa League e di fargli perfino sbancare un fortino come il San Mamés di Bilbao. Ma su palcoscenici internazionali di questo spessore non ha esperienza, e si vede.

Non prova neanche a scardinare la gabbia tattica preparata da Dechamps: ha in mente una sola idea di gioco e la porta vanti qualsiasi cosa accada. In più, non si fa sentire dalla panchina. Non urla, non minaccia i giocatori di morte ad ogni passaggio in orizzontale sbagliato come faceva Conte. Non tiene alta la tensione agonistica, né la concentrazione. E questo, alla fine, fa la differenza. 


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