di Carlo Benedetti

Sarà un caso, sarà colpa di qualche sbaglio tecnico, sarà il frutto di una macchinazione di palazzo o sarà una semplice vendetta firmata dalla più alta nomenklatura del Paese, ma un fatto è, comunque, certo ed è che l’unico e reale oppositore del Cremlino alle prossime presidenziali del 2 marzo resterà lontano dalla competizione. Perché per Michail Kasyanov - un personaggio classe 1957, discusso ed anche compromesso con giri di affari sporchi - la commissione elettorale, che doveva ammetterlo alla corsa presidenziale, lo ha rimandato a casa adducendo che nella raccolta di firme in suo favore (2 milioni) si sono registrati errori tecnici e sono state individuate 80.147 firme false. E così la messa fuori gioco di Kasyanov - leader di un’opposizione liberale - toglie di torno un esplicito avversario del Cremlino da una gara che l'opposizione considera già sbilanciata a favore di Dmitry Medvedev, il quarantaquattrenne che Putin vuole imporre come suo successore. Kasyanov, che è stato il primo premier durante la presidenza di Putin (fra il maggio 2000 e il febbraio 2004), non ha mai goduto di buona stampa. Molti russi lo chiamano ancora “Misha due per cento” alludendo alle tangenti che avrebbe avuto l`abitudine di chiedere quando apparteneva alla nomenklatura russa.

di Bianca Cerri

In una fredda mattina del febbraio del 2005, un’auto bianca con a bordo alcuni dipendenti della Biomedical Tissues Services Inc. si fermò nei pressi della Luis Garzone Funeral Home. Gli uomini scesero ognuno con in mano una borsa e si diressero verso l’entrata dell’agenzia, dove furono accolti da un impiegato e accompagnati in una delle salette interne. Su un tavolo piazzato al centro c’era un cadavere completamente nudo. Senza mostrare la benché minima emozione, gli uomini della Biomedical lo sezionarono prelevando alcune ossa, i bulbi oculari e parecchi lembi di pelle. In cinque minuti esatti, l’operazione era compiuta e i macabri sezionatori se ne andarono senza neppure lavarsi le mani. Sette mesi dopo, nel reparto chirurgia dello Shore Memorial Hospital di Somers, nel New Jersey, i medici operarono un uomo di 54 anni che soffriva da anni di una dolorosa forma di artrosi cervicale. Si chiamava Anthony Vitola ed era terrorizzato dalla paura del bisturi ma sapeva che solo la mano del chirurgo poteva salvarlo dal rischio di una paralisi delle vertebre. Tutto andò bene. Il chirurgo asportò alcune ossa dalla base del collo del paziente e le sostituì con altre prelevate da un donatore. Cinque giorni dopo Vitola tornò a casa felice per lo scampato pericolo.

di Carlo Benedetti

Putin torna all’attacco e sceglie l’arena della Nato per avviare una politica di nuove, forti e dure critiche, usando come teatro le stesse strutture dell’Alleanza Atlantica dove la Russia ha diritto ad un suo posto non decisionale, ma pur sempre di rilievo. Tutto avviene nel momento in cui la questione del Kosovo è il nervo scoperto del rapporto tra Mosca e Washington. Ed ecco che il Cremlino - con una mossa che si rivela subito come strategica - richiama dalla Nato il suo ambasciatore (“rappresentante permanente”) Konstantin Totskij e lo sostituisce con Dmitrij Olegovic Rogozin (classe 1963). Il nuovo quadro diplomatico è un personaggio di spicco della vita politica russa di questi ultimi anni. Si è sempre vantato di non aver aderito al Partito Comunista dell’Urss e, per questo, di aver pagato anche in termini di carriera… Lungo e tormentato il suo rapporto con il potere. Emotivo, impetuoso, incapace di controllare le sue reazioni, ma sempre schierato apertamente nel settore della destra nazionalista e sciovinista. Ha organizzato una formazione denominata “Congresso russo”.

di Eugenio Roscini Vitali

“Le elezioni legislative del 18 febbraio saranno libere, eque, trasparenti e pacifiche”: sono queste le parole che ha usato il presidente Pervez Musharraf per convincere l’occidente che la situazione in Pakistan è sotto controllo. Durante il suo viaggio diplomatico a Bruxelles, dove ha incontrato all'alto rappresentante per la politica estera dell'Unione Europea, Javier Solana, Musharraf ha parlato di cooperazione nelle attività intelligence per la lotta al terrorismo, di democrazia e dei successi economici ottenuti dal suo Paese, di elezioni, di rinnovato sistema di scrutinio e dell’importanza del sostegno europeo. La morte dell’ex premier Benazir Bhutto, uccisa il 27 dicembre scorso a Rawalpindi, ha certamente cambiato gli equilibri politici di un Paese già al collasso e i dubbi sul mandante dell’attentato non fanno altro che aggravare una situazione già critica. Pur essendo l’unico soggetto politico in grado di contrastare lo strapotere istituzionale dell’ex Capo delle Forze Armate, il leader del Partito popolare pakistano rappresentava uno dei pochi motivi di cambiamento e una componente di stabilità con la quale Musharraf avrebbe potuto condividere parte del potere.

di Luca Mazzucato

Centinaia di migliaia di palestinesi che si riversano in Egitto, passando sopra i resti del muro di acciaio che isolava la Striscia di Gaza. Uomini che trasportano carretti carichi di cibo e taniche di benzina, che fanno la spola carichi di sigarette, famiglie che si ricongiungono al confine dopo anni di separazione. Più semplicemente, migliaia di persone che si godono il primo giorno di libertà e vanno a vedere come è fatta l'altra metà di Rafah, la città egiziana e palestinese tagliata in due dal confine. La notizia che nessuno si aspettava è arrivata nella notte di mercoledì scorso: un gruppo di militanti palestinesi ha fatto saltare in aria parte del muro di acciaio di dodici chilometri che separava Gaza dall'Egitto, liberando il milione e mezzo di abitanti di Gaza dal blocco disumano imposto da Israele sulla Striscia. La situazione era infatti precipitata due settimane fa. Un attacco israeliano su Gaza aveva provocato una strage, uccidendo una trenta palestinesi, tra cui il figlio di Mahmoud Za'ar, esponente di spicco del governo Hamas che controlla la Striscia dal Luglio scorso.


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