di Rosa Ana de Santis

La notizia arriva dalla Capitale. Non saranno solo i padri e i mariti a improvvisarsi guardiani e giustizieri. Le donne non vogliono rimanere indietro, ci tengono a fare come gli uomini. L’iniziativa è nata dal quartiere Appio, dove si è consumata l’ultima violenza carnale. Si comincia oggi dall’Eur con spray al peperoncino e cappelletti di riconoscimento. Non è ancora chiaro se l’assimilazione agli uomini sarà sulla linea di una violenza spregiudicata e fuori controllo o su quella dell’inutilità permanente che non avrà legittimità di fare alcunché per difendere le potenziali vittime. Non è chiaro semplicemente perché confuso e carente è l’impegno e l’attesa politica di un provvedimento - di cui è in arrivo la direttiva di attuazione - voluto dal governo per dispensare se stesso da un impegno serio e istituzionale sulla sicurezza.

di Alessandro Iacuelli

Nel disegno di legge 733, il cosiddetto "pacchetto sicurezza", c'è un punto importante che riguarda il futuro della rete in Italia. Sotto forma di un emendamento, inserito dal senatore Gianpiero D'Alia (UDC), s’introduce nel DDL l'articolo 50-bis, "Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet". Il primo comma dell'articolo voluto da D'Alia, nella sua versione originale, recitava: "Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell'interno, in seguito a comunicazione dell'autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l'interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine." Cerchiamo di capire che vuol dire tutto ciò.

di Rosa Ana De Santis

La storia di Eluana ha costretto tutti a interrogarsi sulle domande più scomode. I semplici e i professori. La religione insieme alla filosofia, la legge con la scienza medica. E’ salita sugli altari delle messe e si è seduta nei cenacoli accademici. Sembra dipinta già in un affresco la vita sfortunata di una ragazza comune, destinata a diventare la metafora di un momento importante della vita del nostro paese. E’ già scolpita la sua memoria, prima ancora che la tomba sia sigillata dall’epitaffio. E’ già un paradigma. E’ lei che lascia noi in una rete sacra di ragioni aperte che non tacciono, come invece taceva lei da 17 anni. Che anzi sbattono porte e finestre. Accendono lumini e pregano sotto la stanza dove è morta, gridano per bocca dei cattolici, spengono trasmissioni, consegnano la vittoria - almeno sulla carta - ai sostenitori della laicità e della libertà. Ma disegnano i tratti di un orizzonte inquieto, dove qualcosa è in tramonto.

di Rosa Ana De Santis

La tv è scatenata. Si riempie di dichiarazioni e approfondimenti. Tutti scalpitano. Tace solo LA7. Un silenzio intessuto di pudore e rispetto sconosciuto invece a chi è tutto intento a scandire minuziosamente il passaggio dell’ambulanza, i momenti del trasferimento nella clinica di Udine, lo stile e il metodo dei salotti di Porta a Porta esaltatati all’idea di rubare un’immagine in più. Eluana non si vede. Eluana è invisibile. Tenuta nascosta mentre un oceano di parole e teorie in questi ultimi mesi ha raccontato la sua storia agli italiani. Mons. Fisichella si professa rispettoso del dolore della famiglia, ma ravvisa nella scelta del padre errori e confusioni. Più spavaldo è il leader del Movimento della Vita, Carlo Casini, che s’interroga stupito come si possa preferire l’agonia - come la definisce lui - ad una vera e propria eutanasia. Contraddizioni di un’amnesia a dir poco ipocrita.

di Rosa Ana De Santis

E’ il 13 dicembre 2006 quando a New York vede la luce la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. In quel documento c’é il progetto di far nascere in ognuno degli Stati membri un osservatorio nazionale che si curi della condizione delle persone disabili. Il 30 marzo 2007, l’allora ministro della solidarietà sociale, Ferrero, aveva apposto la sua firma alla convenzione. Il governo italiano aderisce così alla Convenzione. Su questo si è acceso a Palazzo Madama il dibattito politico. Come sottolineato nella relazione introduttiva di Luigi Compagna, finora non esisteva uno strumento vincolante internazionale sulla condizione della disabilità. Ed è abbastanza vero che, fintanto che un problema d’inserimento sociale (che nei fatti esiste ancora) viene affidato unicamente alla sensibilità personale senza un‘investitura e un riconoscimento formale, rischia di rimanere ben nascosto nel privato, lontano dalla vita degli uomini e delle donne normali.


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