di Rosa Ana De Santis

La storia di Eluana ha costretto tutti a interrogarsi sulle domande più scomode. I semplici e i professori. La religione insieme alla filosofia, la legge con la scienza medica. E’ salita sugli altari delle messe e si è seduta nei cenacoli accademici. Sembra dipinta già in un affresco la vita sfortunata di una ragazza comune, destinata a diventare la metafora di un momento importante della vita del nostro paese. E’ già scolpita la sua memoria, prima ancora che la tomba sia sigillata dall’epitaffio. E’ già un paradigma. E’ lei che lascia noi in una rete sacra di ragioni aperte che non tacciono, come invece taceva lei da 17 anni. Che anzi sbattono porte e finestre. Accendono lumini e pregano sotto la stanza dove è morta, gridano per bocca dei cattolici, spengono trasmissioni, consegnano la vittoria - almeno sulla carta - ai sostenitori della laicità e della libertà. Ma disegnano i tratti di un orizzonte inquieto, dove qualcosa è in tramonto.

di Rosa Ana De Santis

La tv è scatenata. Si riempie di dichiarazioni e approfondimenti. Tutti scalpitano. Tace solo LA7. Un silenzio intessuto di pudore e rispetto sconosciuto invece a chi è tutto intento a scandire minuziosamente il passaggio dell’ambulanza, i momenti del trasferimento nella clinica di Udine, lo stile e il metodo dei salotti di Porta a Porta esaltatati all’idea di rubare un’immagine in più. Eluana non si vede. Eluana è invisibile. Tenuta nascosta mentre un oceano di parole e teorie in questi ultimi mesi ha raccontato la sua storia agli italiani. Mons. Fisichella si professa rispettoso del dolore della famiglia, ma ravvisa nella scelta del padre errori e confusioni. Più spavaldo è il leader del Movimento della Vita, Carlo Casini, che s’interroga stupito come si possa preferire l’agonia - come la definisce lui - ad una vera e propria eutanasia. Contraddizioni di un’amnesia a dir poco ipocrita.

di Rosa Ana De Santis

E’ il 13 dicembre 2006 quando a New York vede la luce la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. In quel documento c’é il progetto di far nascere in ognuno degli Stati membri un osservatorio nazionale che si curi della condizione delle persone disabili. Il 30 marzo 2007, l’allora ministro della solidarietà sociale, Ferrero, aveva apposto la sua firma alla convenzione. Il governo italiano aderisce così alla Convenzione. Su questo si è acceso a Palazzo Madama il dibattito politico. Come sottolineato nella relazione introduttiva di Luigi Compagna, finora non esisteva uno strumento vincolante internazionale sulla condizione della disabilità. Ed è abbastanza vero che, fintanto che un problema d’inserimento sociale (che nei fatti esiste ancora) viene affidato unicamente alla sensibilità personale senza un‘investitura e un riconoscimento formale, rischia di rimanere ben nascosto nel privato, lontano dalla vita degli uomini e delle donne normali.

di Mario Braconi

Nell’ottobre del 2008 la British Humanist Association (Società Umanistica Britannica) ha lanciato una campagna finalizzata a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’opzione esistenziale atea. Almeno all’inizio, le ambizioni erano modeste: gli Umanisti si proponevano semplicemente di raggranellare 5.500 sterline, pari al costo di due set di messaggi pubblicitari da applicare sulle fiancate di 30 bus londinesi per due settimane. Nessuno avrebbe immaginato che la sottoscrizione si rivelasse un successo clamoroso: soprattutto tramite donazioni via internet di modesta entità, sono state raccolte, infatti, ben 140.000 sterline: segno che il tema, alla fine, è meno di nicchia di quanto si voglia far credere qui da noi, dopo il deludente epilogo dell’analoga campagna lanciata dalla UAAR (Unione Atei e Agnostici Razionalisti) a Genova.

di Mariavittoria Orsolato

Non era la classica storia natalizia strappalacrime sui maltrattamenti degli animali, ma quello che si è scoperto ad Osteria, una frazione nella campagna ravennate, è qualcosa che può essere etichettato esclusivamente come aberrazione. Dopo le insistenti denunce degli attivisti di Animal Liberation e dopo la segnalazione alla Procura da parte del consigliere regionale leghista Mauro Manfredini, i Nirda (Nucleo Investigativo per i Reati contro gli Animali) sono entrati nell’allevamento di pointer inglesi del dottor Giorgio Guberti, veterinario ottantacinquenne pluripremiato per i suoi esemplari di cani da caccia. Una volta dentro, gli uomini della forestale si sono trovati davanti uno spettacolo abominevole che in molti non hanno esitato a definire “lager”: oltre 170 cani, tutti in stato di denutrizione avanzato, quasi tutti con ferite aperte ed evidenti patologie, erano stipati in gabbiotti fatiscenti coperti di escrementi e fango. Non si sono trovate né ciotole per il cibo, né fontanelle o taniche per l’acqua ma in compenso, attorno al terreno marcescente su cui poggia l’allevamento “ Del Vento” sono state ritrovate ossa e interiora animali, molte delle quali identificabili in resti di cane.


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