di Cinzia Frassi

Se in questo caldo agosto volessimo dare un titolo a un libro sui costumi della politica all'italiana verrebbe subito da pensare a "l'Itala dei paradossi". Naturalmente sarebbe un bestseller destinato a finire sul grande schermo come esilarante commedia nostrana. Emblematica la vicenda, ancora tutta in divenire, di Don Pierino Gelmini e dell’inchiesta condotta dalla procura di Terni per abusi sessuali. Le denunce contro il sacerdote verrebbero da alcuni ex ospiti di Don Gelmini presso la comunità di Amelia, in Umbria. Così, mentre assistiamo all'ennesima fuga di notizie dagli uffici giudiziari, registriamo la solidarietà del mondo politico che si stringe con candida solidarietà attorno all'indagato. Rare le voci fuori dal coro, mentre al contrario qualcuno parla addirittura di “furore anticattolico”. Che il mondo politico si occupi sempre più di indagini, processi, procuratori e magistratura omettendo di astenersi dal prendere posizione a favore di indagati e accusati, è ormai innegabile. Si avverte un'ansia frettolosa quanto bipartisan di dichiararsi solidali che suona quasi come un mettere le mani avanti e che si contraddice solo per gravi motivi di opportunità politica.

di Bianca Cerri

Come tutte le aziende, anche le chiese e le organizzazioni religiose si assicurano contro eventuali querele o accuse di natura penale. Dopo lo scandalo dei preti pedofili, le compagnie d’assicurazioni si sono premurate di coprire anche questo rischio. Sono nate così polizze pensate espressamente per i religiosi che amano indugiare in pratiche sessuali con minori ma temono eventuali richieste di risarcimento. La GuideOne e la Catholic Mutual assicurano sia le diocesi che i singoli sacerdoti senza fare troppe domande. Ogni anno, entrambe le compagnie ricevono almeno cento richieste di risarcimento ciascuna per episodi di pedofilia di cui si sono resi responsabili altrettanti rappresentanti della Chiesa cattolica. Tom Farr, presidente della GuideOne, rivela che la maggior parte viene risolta in via stragiudiziale. Si calcola che fino a questo momento i risarcimenti pagati ammontino almeno a 50 milioni di dollari. Se le richieste di risarcimento aumenteranno, le compagnie di assicurazioni si vedranno costrette ad aumentare i costi delle polizze. Per i giudici invece, sarebbe opportuno confiscare i terreni appartenenti alle diocesi che nella sola Boston valgono almeno 250 milioni di dollari.

di Alessandro Iacuelli

Il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio ha sbloccato i fondi per le misure compensative per i comuni e le province che ospitano impianti nucleari ed impianti del ciclo del combustibile nucleare. "Con questo decreto", si legge in una nota del ministero, "queste risorse potranno essere finalmente attribuite agli enti locali che le attendevano dal 2003. Infatti, dall'approvazione della legge 368/2003, tali risorse non erano mai state assegnate ai comuni ed alle province interessate." Ora si attende a breve che il Comitato interministeriale per la programmazione economica riceverà la documentazione e si riunirà per dare il via libera alla distribuzione di alcuni milioni di euro, che saranno ripartiti tra le Province e i Comuni che hanno ospitato, o ospitano ancora oggi, impianti e depositi di materiale radioattivo. La ripartizione dei fondi, stabilita dall'Apat, è gia stata comunicata ai sindaci del Comuni nucleari italiani durante un incontro presso il ministero dell'Ambiente. La quota percentuale che spetta ad ogni sito è stata definita in base alla quantità e al grado di pericolosità del materiale radioattivo presente nei depositi o negli impianti italiani. La quota più grande, pari al 29% del totale, andrà alla provincia di Piacenza ed al comune di Caorso, che ospita la più grande centrale nucleare del Paese, custodisce 1.032 barre di uranio e una consistente quantità di scorie e rifiuti radioattivi.

di Agnese Licata

Almeno una volta l’anno c’è qualche istituto di ricerche sociali che ricorda quante famiglie, in Italia, una delle sette nazioni più industrializzate del mondo, vivano in condizioni di povertà. Una povertà che colpisce non soltanto chi un lavoro non riesce a trovarlo o chi ha una pensione troppo bassa per sopportare un’inflazione che non risparmia neanche i beni di prima necessità. Povere sono, sempre di più, anche le classi medio-basse: operai e dipendenti con stipendi a volte talmente bassi da potersi permettere solo un dormitorio pubblico. Vittime non solo di un potere d’acquisto che si riduce progressivamente, ma anche di un sistema di garanzie sociali che nessun partito politico ha la forza – e forse la volontà – di ripensare. E poi ci sono i giovani. Accusati di essere mammoni, di non fare figli, di non voler lasciare la casa dei genitori perché allergici alle responsabilità e che, invece, troppo spesso sono costretti a far ritorno sotto il tetto della famiglia d’origine a causa di lavori precari, a chiamata, a cottimo.

di Alessandro Iacuelli

Il rapporto del Censis intitolato "Il controllo delle reti telematiche" non da luogo a equivoci: l'Italia è sempre più on-line e l'italiano è la quarta lingua più diffusa su internet per numero di pagine, dopo cinese, inglese e spagnolo. Nonostante questo, l'Italia non riesce ad essere innovativa sul fronte delle tecnologie informatiche legate alla rete. A differenza di altri Paesi, infatti, dove anche piccoli prodotti vengono assorbiti dalle grandi aziende, in Italia "gli oligopoli si sono trasformati in un rigido sistema oligarchico, incapace di creare innovazione", si legge nel rapporto. Secondo l’autore della ricerca, Gianni Dominici, a questo va sommata la lentezza della burocrazia, la mancanza di investimenti e il ruolo poco chiaro dello Stato. "Non è sufficiente – dichiara Dominaci - essere un popolo di inventori se non ci sono finanziatori e intermediari". Gli italiani, stando ai dati presentati nel rapporto, "amano spendere per gadget tecnologici, ma è raro trovare che uno di questi prodotti sia firmato made in Italy. Si tratta di un Paese-consumatore più che di produttori e innovatori."


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