di Alessandro Iacuelli

Che la situazione ambientale e sanitaria della Campania sia attualmente qualcosa di profondamente anomalo per l'intera Europa, è oramai noto anche al di fuori degli ambienti ecologisti, e su Altrenotizie ne stiamo parlando da oltre un anno. Anche che ci siano specifiche responsabilità istituzionali è oramai chiaro a tutti e non si può liquidare il problema addossando ogni causa alle mafie ecologiche. Quel che è preoccupante è semmai il tentativo di mettere un bavaglio a quelle migliaia di cittadini che hanno compreso il problema, che cercano di farsi sentire e di ottenere una soluzione definitiva al problema. Per questo motivo, la “Rete dei comitati campani per la difesa della salute e dell'ambiente” ha promosso, fin dallo scorso 21 aprile, una manifestazione nazionale, prevista per il 19 maggio a Napoli, per denunciare, come si legge nel comunicato stampa, "la crisi ambientale e sanitaria procurata dalla nociva gestione del ciclo dei rifiuti, dalle attuali forme di produzione dell'energia basate su processi di combustione, dalla realizzazione di grandi e meno grandi opere infrastrutturali". La risposta è stata tra le più incredibili, di quelle che in un Paese civile non ci si aspetterebbe.

di Elena Ferrara

E’ la “strage degli innocenti” dei giorni nostri. Ed è la vera Apocalisse di un “family day” con il carico pesante delle sue realtà: i suoi “dati”, i suoi “registi”, i suoi colpevoli. Proprio per questo non possiamo nasconderci. Siamo obbligati a sapere che in questo giorno – come in ogni altro – 28.000 bambini muoiono prima di aver compiuto i cinque anni, mentre in ogni minuto c’è una donna che muore per patologie legate alla gravidanza e al parto. E sono due milioni i piccoli che muoiono appena nati. Vedono il mondo per un solo giorno e poi chiudono gli occhi per sempre in seguito alle complicazioni intervenute in seguito al parto. Questa – se si vuole scrivere la Storia del presente - è la vita di oggi mentre la nostra società, che ci dicono essere quella del “benessere”, celebra pomposamente (13 maggio) la “Giornata della mamma” con tutte varianti: buone azioni, confetti, regalini, letterine scritte (sotto dettatura) negli asili, promesse…

di Alessandro Iacuelli

La Corte europea di Giustizia parla chiaro, nella sua sentenza numero c-135/05 dello scorso 26 aprile: "La Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi della direttiva 75/442, relativa ai rifiuti pericolosi, della direttiva del Consiglio 26 aprile 1999, 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti". Cosa prevedevano tali direttive, e cosa non ha fatto la Repubblica italiana? Il nostro Paese, come appare in tutta evidenza, non ha adottato tutti i provvedimenti necessari per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e per vietare l'abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti. Un'Italia inadempiente, quindi, che non ha saputo imporre che ogni detentore di rifiuti li consegni ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un'impresa che effettua le operazioni di smaltimento o di recupero, conformandosi alle disposizioni europee.

di Cinzia Frassi

Una battuta sull’evoluzionismo e un “non sopporto che il Vaticano abbia rifiutato il funerale a Welby, cosa che non ha fatto per Pinochet, per Franco e per uno della banda della Magliana”. Andrea Rivera, dal palco del Primo Maggio romano, apostrofa così il Vaticano ed è subito polemica. Comico citofonaro che calca la scena di “Parla con me”, programma serale di Serena Dandini e per l’occasione presentatore, Rivera è un “terrorista”. Questa la risposta dalle pagine dell’Osservatore Romano. Sembra non conoscere rallentamenti l’escalation di tensione che avvolge da tempo il Vaticano, i suoi rapporti con lo Stato Italiano e la società intera. Tanti sono stati gli eventi che come pungoli affilati hanno sollecitato l’opinione pubblica e che hanno finito per creare un clima inquisitorio, capace di qualificare terrorismo la rappresentazione di un comico su un palcoscenico. Ecco servita l’ennesima macchietta all’italiana fatta di comparse che dimostrano al grande pubblico quanto poco pesino le pagine di una Costituzione, che rischia sempre più di cedere sotto il peso della desuetudine di fatto. Come siamo arrivati a questo punto? Negli ultimi anni, soprattutto negli ultimi mesi, abbiamo assistito allo sgomitare insistente di una Chiesa che è pronta perfino a proclamare diktat ai suoi fedeli pur di tenersi stretto un gregge che in molte occasioni dimostra invece di sentirsi più “riformatore”, per usare un termine in voga negli ultimi tempi.

di Sara Nicoli

Si diceva, una volta, che la classe operaia andava in paradiso. A risentirlo oggi, questo antico adagio sembra quasi una beffa, un cinico presagio dell’attualità: la classe operaia di oggi va davvero in paradiso. E ci va sempre più spedita e numerosa, a gruppi di cinque, sei al giorno, dopo aver assaggiato l’inferno nei luoghi di lavoro dove la sicurezza latita al pari dei contratti a tempo indeterminato, dove il cottimo e il caporalato non fanno ormai più notizia mascherati da una gergalità leguleia che, ovviamente, salva la forma lasciando intonsa la sostanza. Oggi è il primo maggio, la festa del lavoro che non c’è, del sommerso, dell’occupazione senza regole e sicurezza. E’, forse, più la festa di San Precario che quella del lavoro, perchè si festeggiano idealmente anche i 1390 assenti, lavoratori caduti sotto la falce bianca negli ultimi 12 mesi e molti dei quali al nero, un dato da terzo mondo che rischia di rimanere a lungo tale perché a nuove regole di sicurezza che il governo imporrà presto alle imprese non corrisponde un adeguato numero di ispettori che quelle stesse regole dovrebbero far rispettare in modo draconiano. Perché poi, alla fine, non ci sono solo i morti da piangere, ci sono anche 7606 nuovi invalidi, vittime di 304.260 infortuni (dati Inail), vite comunque spezzate che oggi, primo maggio, festa del lavoro, non hanno davvero nulla da festeggiare.


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