di Rosa Ana De Santis

Se un corpo è tormentato senza speranza, se i pensieri svaniscono nella veglia acquosa di un addio lento e sofferente, se scivola intorpidito, irrimediabile e senza controllo ogni istante di consapevolezza, allora si può decidere di andare via per sempre affidando il proprio destino ad un ultimo libero atto di volontà. Lo chiamano testamento biologico. E questo è stato il caso, solo l’ultimo dopo tanti, della donna ammalata di SLA che senza alcuna possibilità di guarigione ha potuto sottrarsi all’inutile accanimento terapeutico che l’avrebbe attesa avvalendosi della legge Cendon che, grazie alla figura dell’amministratore di sostegno, ha consentito a suo marito, dopo un sollecito decreto del giudice, di poter rispettare la sua volontà di morire. Così, rifiutando la tracheotomia e la ventilazione forzata, un uomo ha cura di sua moglie, accoglie il suo testamento, e staccando l’ultimo sterile filo con una vita ormai comunque perduta, impedisce che la vana attesa del miracolo diventi la fine di una storia che comunque si spegne piano, derubata di dignità, mentre la comunità delle coscienze si compiace del proprio buon cuore.

di Mariavittoria Orsolato

L’ultima martire della famiglia, quella che già in molti avevano ribattezzato “la ragazza del lago”, e che i sommozzatori hanno ripescato senza vita domenica mattina a Marone, si chiamava Agnese Schiopetti. Era una giovane mamma ed è stata strangolata e poi buttata nelle acque del lago d’Iseo proprio dal padre del suo bimbo, l’uomo con cui aveva deciso di condividere le gioie e i dolori della sua precaria vita da cameriera. La confessione del marito, un cuoco ventottenne originario di Brescia, va ad aggiungere mestamente l’ennesima tacca alla lunga lista delle vittime di violenza domestica, violenza che per le donne tra i 16 e i 44 anni è - a livello globale - la prima causa di morte: più del cancro, più degli incidenti stradali e della guerra. La morte di Agnese è fin troppo simile a quella di Marianna Manduca, di Barbara Cicioni, di Maria Rosa Nugnes: tutte donne uccise dai propri compagni, tutte tradite da quel modo assoluto e totalizzante di amare che ne ha distorto la percezione dei segnali di pericolo.

di Elena Ferrara

Ricordate? C’è un’astronave che, proveniente da un pianeta alieno, dimentica sulla nostra Terra un piccolo… Nasce poi la storia dell’amicizia tra Elliot, il bambino americano che scambia l’altro piccolo venuto dallo spazio per uno strano animale… E’ la vicenda narrata nel film di Steven Spielberg che tutti abbiamo amato. Ora “ET” sbarca in Vaticano… e subito l’extraterrestre è battezzato come “Mio fratello”. Tocca a padre Josè Gabriel Funes, direttore della Specola Vaticana fare luce sul “caso”. E cioè se sia possibile credere in Dio e negli extraterrestri, ammettere l'esistenza di altri mondi e altre vite, anche più evolute della nostra, senza per questo mettere in discussione la fede nella creazione, nell'incarnazione, nella redenzione… Risponde padre Funes (gesuita argentino di 45 anni) che, in qualità di astronomo, filosofo ed anche investigatore, precisa subito che dalla cupola vaticana si guarda sempre alle stelle… pur se non sono mancati i “momenti di conflitto” tra il mondo della Chiesa e il mondo scientifico.

di Rosa Ana De Santis

Non sono piaciute le parole che il sindaco di Genova ha speso in occasione della recente visita del Papa. Il sospetto è che, pur rimasto gelidamente ancorato alla tabella di marcia, quest’ennesimo pellegrinaggio turistico sia stato avvelenato di imbarazzo e quel che più da gusto, per mano di una donna. Si è dipinta sul viso di Ratzinger e del cardinal Bertone una smorfia di stupore e di misurato disorientamento. E’ successo che Marta Vincenzi ha espresso chiaramente e senza tentennamenti di genuflessa convenienza il principio per cui, dato il forte disagio e il tormento della società contemporanea, non è saggio turbare il Paese con temi etici. Che non significa, come in prima analisi potrebbe sembrare, rinunciare a contaminare il dibattito pubblico e politico di argomentazioni etiche, tutt’altro. Significa però restituire alla responsabilità dei cittadini il pieno significato della loro libertà e autonomia di scelta, senza duelli a tinte forti.

di Mariavittoria Orsolato

L’ex ministro leghista della Giustizia e nuovo prezzemolino dei talk-show politici, Roberto Castelli, ha pubblicamente affermato che per l’Italia “gli immigrati sono un costo e non una risorsa “. E da quello che ci ha restituito l’ultima consultazione elettorale, lo pensa anche una buona fetta di italiani. A Roma come a Napoli, nella Romagna (ex) comunista come nel ricco e “padano” nord-est. Il problema è che, nella realtà dei fatti, questi flussi migratori sono una benedizione proprio per gli stessi che vorrebbero sorvegliare le coste con i bazooka e che improvvisano, con risultati quantomeno simpsoniani, le ormai gettonatissime ronde di quartiere, nella speranza di scovare qualche malintenzionato rom e di provare così la nuova Beretta, acquistata giusto dopo la modifica della legge sulla legittima difesa, legge targata Berlusconi II.


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