di Rosa Ana De Santis

Tutti o quasi i commentatori e gli analisti politici che si sono espressi sui recentissimi risultati elettorali, hanno individuato nel bisogno di sicurezza uno degli elementi decisivi dello spostamento a destra del Paese. Più che un diverso orientamento ideologico o politico, la paura di una società ormai in preda all’insicurezza e alla criminalità, pare sia stato il segno sociologicamente distintivo dello spostamento dei flussi di voto. Eppure, l’Italia non vive nessuna “emergenza sicurezza”. A dirlo é il rapporto ISTAT “100 statistiche per il Paese”, presentato a pochi giorni dall’investitura del nuovo sindaco di Roma Alemanno che ha cavalcato l’onda della paura e dell’insicurezza, cullandosi sulla tempesta emotiva scatenata sui cittadini da una violenta aggressione mediatica di fatti, coincidenze e volute amplificazioni. I numeri dicono che l’Italia nel panorama europeo risulta essere il Paese meno pericoloso per morti violente, in ottava posizione dopo l’Austria; nello specifico, poi, analizzando i dati, emerge che la maggior parte degli omicidi interessa il Mezzogiorno ma, anche qui, con un andamento decrescente.

di mazzetta

Se in Turchia i sindacati hanno festeggiato il primo maggio resistendo a furiosi assalti della polizia, impegnata fin dal mattino ad attaccare le sedi dei sindacati ad Istambul e poi, per il resto della giornata, a sparare migliaia di lacrimogeni, mentre in tutto il paese pestava ed arrestava chi provava a manifestare, in Italia le manifestazioni per la festa dei lavoratori sono passate senza particolari emozioni: placido il concertone di Roma, placide le manifestazioni dei sindacati e placida anche la Mayday milanese. Tradizionalmente preceduta da un robusto fuoco di sbarramento di autorità e politici locali che prevedono brividi, terrore e raccapriccio per le strade di Milano, la grande manifestazione del precariato si è invece snodata per le vie di Milano serena, colorata ed imponente. A sfilare era il popolo del precariato metropolitano, che ormai da anni ha eletto questo appuntamento come momento di sintesi e d'incontro misconosciuto dalla politica ufficiale.

di Rosa Ana De Santis

Tuona il monito di Ruini contro la pericolosa deriva nichilista della società occidentale. Lancia argomentati anatemi dalle pagine sacre del libro uscito di recente Rieducarsi al cristianesimo. Il Tempo che stiamo vivendo, libro del quale La Repubblica ci ha regalato un’anticipazione dalle parole del cardinale, quanto basta per coglierne lo spirito che ne ispira i contenuti. Nel pieno rispetto ovviamente della cornice teologica con cui Ratzinger inchioda la chiesa di oggi alla storia di ieri: integralismo che già dagli anni in cui era prefetto della “Congregazione per la dottrina della fede” era foriero della controriforma di oggi. Sorprende l’ingenua dicotomia dal sapore manicheo che pone l’alternativa tra il bene oggettivo e il relativismo permanente, fino a scomodare l’imperativo kantiano o le idee di Platone. Ma del resto la tentazione di leggere la filosofia come propedeutica alla teologia o il pensiero antico come overture alla nascita di Gesù, fino a farne una lezione di catechismo, è una ben nota tradizione.

di Maura Cossutta

Finalmente le Linee guida sulla legge 40 sono state emanate. E’ infatti stato pubblicato ieri, in Gazzetta Ufficiale, il testo del decreto ministeriale che cancella le precedenti Linee guida. Un sollievo, arrivato all’ultimo momento e perciò ancora più gradito. Una buona notizia, dopo le disfatte degli ultimi giorni, che offre un po’ di dignità e anche di orgoglio a tutti quelli che non si arrendono. Ovviamente le dichiarazioni dei vincitori sono furibonde, minacciose, arroganti. “Le abrogheremo subito” proclamano, ma non sarà poi così facile cancellare in un soffio (nonostante la schiacciante maggioranza numerica parlamentare) queste Linee guida. Perché il percorso è stato formalmente molto rigoroso, non solo del tutto rispettoso della legge ma anche e soprattutto delle disposizioni contenute in numerose sentenze di Tribunali, da ultimo quella del TAR del Lazio. E perché, poi, sul decreto emanato si sono espressi, come previsto dalla legge, sia l’Istituto Superiore di Sanità sia, per ben due volte, il Consiglio Superiore di Sanità, che, come è noto, sono organismi non solo autorevoli ma anche molto gelosi della loro autonomia.

di Valentina Laviola

L’Italia è cambiata in fretta. Negli ultimi venticinque anni l’Islam è diventata la seconda religione del paese, con circa cinquantamila convertiti e oltre un milione di musulmani immigrati, in gran parte di prima generazione e di età media intorno ai trent’anni. Questi ultimi, è importante ricordare, appartengono ad etnie diverse, hanno culture diverse e provengono da storie differenti. I principali paesi d’origine sono l’Albania, il Nord-Africa (la comunità marocchina è la più numerosa, costituisce circa il 30% del totale), il Senegal, il Bangladesh e il Pakistan. Questi pochi dati sono sufficienti per capire che è la molteplicità a caratterizzare il panorama musulmano odierno in Italia. Ciò rappresenta un ostacolo importante nella comunicazione e cooperazione con le istituzioni italiane che difficilmente si trovano di fronte un interlocutore unico e compatto.


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