di mazzetta

Siamo senza governo un'altra volta, una volta di più per un concorso di cause, ciascuna inammissibile in una democrazia ideale, tutte presenti all'unisono in quella parodia di democrazia parlamentare che è ormai diventato il nostro paese. Una sarabanda di delitti, di infrazioni della legge e della decenza, macina il quotidiano politico degli italiani ormai da anni. Gli scandali si succedono tanto numerosi che gran parte di questi non arriva nemmeno a conoscenza dell'opinione pubblica che, peraltro edotta su qualsiasi particolare del lato frivolo dello scibile umano, riesce a malapena a scorgere il disastro dietro la cortina fumogena assicurata dai media, più propensi a inseguire l'audience a colpi di scoop contundenti di cronaca nera, che a denunciare il malaffare dilagante o a chiedere conto delle decisioni prese in nome e per conto della collettività. Gli italiani indignati e non rassegnati le hanno provate tutte, dai social forum, ai girotondi, fino a ridursi all'inseguimento di Grillo, ma c'è stato poco da fare. Quasi tutte le grandi istituzioni ed associazioni italiane, quelle che hanno peso, dai sindacati ai partiti, fino all'associazionismo sportivo e culturale, sono ormai organismi presi in ostaggio dai rispettivi vertici che tradiscono ampiamente il loro mandato o, comunque, le altrui aspettative.

di Raffaele Matteotti

Bologna ha una moschea abbastanza grande da parecchi anni, che sta su un terreno che qualche anno fa si è deciso di destinare ad altro. L'amministrazione dell'epoca ha quindi convenuto di destinare un altro terreno per accogliere una nuova moschea, che sarà costruita a spese dei musulmani locali. Un bel progetto che assomiglia molto allo schema della parrocchia con l'oratorio, nel quale i musulmani locali potranno esercitare il loro culto con dignità. Nell'ultimo anno l'opposizione di centrodestra e la curia, non avendo molto da fare visto che Cofferati si è suicidato politicamente da solo ed è attaccato prima di tutto dai suoi, hanno pensato bene di opporsi alla costruzione della nuova moschea con ogni mezzo. Scelta politicamente legittima, presto diventata odiosa per le squallide scene alla quali ha dovuto assistere la cittadinanza. Non deve stupire. Dopo Giacomo Biffi il pastore tedesco ha mandato in città il cardinal Caffarra, che quando vede il “nemico” non va tanto per il sottile, a rischio di dire spropositi e di cadere nel peccato. La cifra della curia è quella di una gerontocrazia che racconta in giro che omosessuali e pedofili non sono tanto diversi, che dietro il fiorire di bottegucce tenute da bengalesi e pachistani ci sia un “piano di conquista” ed altre amenità del genere. Tutta robaccia detta e ridetta che comunque è in grado di allertare chi voglia capire da che parte tira il vento in curia.

di Sara Nicoli

E' inutile nascondersi dietro a un dito: in queste prime settimane del 2008 l'argomento che ha creato maggior attenzione a livello internazionale è stato il gossip legato all'ostentato legame sentimentale tra Sarkozy e Carla Bruni. E non appena l'ombra della noia ha cominciato a insinuarsi su questa storia, per l'irrequieto susseguirsi di particolari appetitosi che hanno tolto qualsivoglia alone di curiosità alla vicenda, ecco che subito un altro, potentissimo gossip, ha preso il sopravvento nelle foto di prima pagina di tutti i giornali: Chavez e la venere nera Naomi Campbell. E giù a chiedersi se anche quello è amore vero, come l'altro francese generosamente descritto come “ una cosa seria” dal presidente francese, se anche Naomi è forse incinta come Carla, se anche Chavez ha in mente di regalare alla sua ex modella un anello di Dior uguale a quelli che Sarkozy, gaffeurs di dimensioni monumentali, suole regalare - identico- a tutte sue donne. Le cronache raccontano poi delle notti "scetenate" tra Parigi e l'Avana tra Hugo e Naomi, ancorché delle promesse matrimoniali. Del Presidente venezuelano, solitamente, preferiamo leggere altro, vista la simpatia che verso di lui nutriamo, pari all'antipatia verso il nanetto francese, ma che ci vuoi fare?

di Sara Nicoli

Veniteci a dire, adesso, che l’insicurezza sui luoghi di lavoro è principalmente colpa dei lavoratori che non denunciano le situazioni di pericolo per paura di essere puniti, in qualche modo, dal datore di lavoro. Non è così, ovviamente. E la storia che stiamo per raccontare è emblematica circa la responsabilità oggettiva delle imprese su questo dramma che meriterebbe, più di qualunque altro aspetto sociale, una moratoria nazionale. La storia è quella di Giolivo, un operaio di 54 anni che da sei lavora in fonderia, che è finito nei guai fino al collo perché è voluto passare dall’altra parte, dalla parte di quei lavoratori che non subiscono per paura di ritorsioni ma denunciano. Risultato: Giolivo è stato sospeso tre giorni dal lavoro, senza stipendio. La colpa: aver segnalato una serie di situazioni di pericolo nel reparto in cui presta servizio da anni nella fonderia Officine Pilenga di Comun Nuovo, in provincia di Bergamo. L’hanno accusato di mobbing, ovvero di molestie nei confronti dell’impresa e anche dei suoi colleghi. Il suo continuo, “inutile allarmismo” circa la sicurezza, avrebbe creato una situazione di timore e angoscia nel reparto, mettendo a repentaglio la produttività oraria. Pare che Ottavio si sia anche fermato più di una volta, nel momento in cui notava situazioni di pericolo, costringendo anche i compagni a fare altrettanto. Dopo una serie di interventi, che hanno costretto l’impresa ad effettuare controlli, il “padrone” ha detto basta: punirne uno per educarne cento. Ecco fatto: tre giorni senza paga. Che tutti sappiano come si finisce se si protesta e che non se ne parli più.

di Giovanna Pavani

Prodi che specula, a livello mediatico, sulla morte degli operai di Torino per coprire altre emergenze nazionali che metterebbero in cattiva luce il suo governo. Un diverso tipo di trattamento per gli operai a Terni e a Torino e in tutte le altre fabbriche in via di dismissione. Una lunga tradizione sindacale “di stampo comunista” che avrebbe reso molto sfavorevole il mantenimento dell’attività produttiva nel capoluogo piemontese. E, infine, la necessità oggettiva di non colpire gli operai sopravvissuti al rogo della linea 5 con provvedimenti disciplinari in attesa che sia calata la polvere sullo scandalo delle misure di sicurezza dell’acciaieria. C’è da rabbrividire nel leggere alcuni stralci di un documento, assolutamente riservato agli addetti ai lavori, sequestrato dalla magistratura nel corso di alcune perquisizioni nelle abitazioni di tre fra i massimi dirigenti della Thyssen Krupp di Torino, l'amministratore delegato Harald Espenhahn, Gerald Priegnitz e Marco Pucci, già iscritti nel registro degli indagati per omicidio e disastro colposo. Si tratta di un’analisi interna aziendale della situazione politica italiana, un dossier scritto in tedesco, in modo da non essere immediatamente fruibile da indiscreti occhi italiani, che meglio di ogni altra testimonianza, metterebbe in evidenza l’atteggiamento sprezzante e privo di scrupoli del board della casa madre delle acciaierie di Essen rispetto alla gestione della situazione dopo l’incidente di Torino.


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