di Maura Cossutta

In pochissimi giorni sono già 40.000 le firme su una petizione di cui non è dato trovar traccia sui quotidiani né tanto meno sui media. L’ha promossa un gruppo di donne, da Margherita Hack a Cristina Comencini, da Lidia Ravera a Fiorella Mannoia, da Rossana Rossanda ad Adriana Cavarero. Con tante altre ancora. Si intitola “Liberadonna” e parla ovviamente dell’aborto, della legge 194, ma non solo. Si tratta infatti di una presa di posizione politica e che alla politica intende rivolgersi, proprio nel bel mezzo della campagna elettorale. E’ rivolta a Veltroni, a Bertinotti e a tutti i leaders di quello che ormai fu il centrosinistra. “Ora basta!” la petizione comincia proprio così, gridando quello che ognuno di noi avrebbe voluto gridare in queste settimane e che avrebbe soprattutto voluto sentire dalla voce autorevole di chi si candida al governo del paese, “nell’interesse del paese”. Una richiesta chiara di uno stop che sia definitivo, senza tentennamenti. Un punto e a capo, insomma. Archiviato, rimandato al mittente, irricevibile. “L’offensiva clericale contro le donne - continua la petizione - ha raggiunto livelli intollerabili e intollerabile è la mancanza di reazione della politica”. Per la prima volta nella storia della Repubblica l’attacco alla legge 194 è diventato obiettivo dichiarato e diviene persino l’esclusivo programma elettorale di un partito che non c’è.

di Maura Cossutta

Gli orrori che sono stati evocati sono infine comparsi, dentro un ospedale pubblico, in un reparto di maternità, a Napoli, nell’anno 2008 dopo Cristo. Tutto è partito da una denuncia anonima, che ha scomodato direttamente un magistrato, che a sua volta ha coinvolto le forze dell’ordine, per indagare su un “feticidio”. Così è stato detto, così è stato denunciato. Ed ecco quindi i poliziotti armati sulla “scena del crimine”, che in questo caso è la sala operatoria dove si effettuano le interruzioni volontarie di gravidanze, nel rispetto della legge 194. Soprattutto, nel rispetto (dovrebbe almeno importare a qualcuno) di quelle donne che decidono di abortire. Si trattava di un aborto tardivo, cosiddetto “terapeutico”, che avviene cioè dopo i 90 giorni, quando la salute psico-fisica di una donna è a rischio a seguito della diagnosi di malformazione grave al feto che porta in grembo. In questo caso, come in tutti i casi di aborti terapeutici, si trattava di una gravidanza desiderata, cioè di una donna che voleva quel figlio, che l’ha desiderato, amato, immaginato. Un aborto insomma che è ancora più drammatico, perché quella donna si sentiva già madre.

di Elena Ferrara

Li hanno definiti e li definiscono “un’inaccettabile anomalia dell’ordine sociale”. E sono in molti a continuare su questa strada dell’insulto vedendoli come una sottospecie che minerebbe la “purezza della razza”. Perseguitati e deportati nei campi nazisti non sono mai riusciti a far prevalere le loro idee e le loro storie consegnate anche dalle tragiche pagine del genocidio. Ma ora, a poco a poco, si sta formando un’intera “biblioteca” che - racchiudendo opere di vario genere e di varia ispirazione politica e culturale - contribuisce a far luce sull’intera questione. Con un rigore storico che tende ad annullare le reazioni negative. Ed ecco, quindi, che il popolo zingaro comincia ad alzare la testa e a far sentire la sua voce con un processo ed un cammino estremamente complessi. Perché l’ostacolo maggiore per questi 15milioni di nomadi (circa 80mila in Italia) consiste nel fatto che al 95% sono analfabeti. E di conseguenza - questa è la realtà - non possono fare valere i loro motivi, non possono descrivere le loro vicende, le loro realtà. Un popolo, quindi, senza voce e per di più presentato - nella immagine popolare - con vari stereotipi che si riferiscono a ladri, accattoni, truffatori…

di mazzetta

Siamo senza governo un'altra volta, una volta di più per un concorso di cause, ciascuna inammissibile in una democrazia ideale, tutte presenti all'unisono in quella parodia di democrazia parlamentare che è ormai diventato il nostro paese. Una sarabanda di delitti, di infrazioni della legge e della decenza, macina il quotidiano politico degli italiani ormai da anni. Gli scandali si succedono tanto numerosi che gran parte di questi non arriva nemmeno a conoscenza dell'opinione pubblica che, peraltro edotta su qualsiasi particolare del lato frivolo dello scibile umano, riesce a malapena a scorgere il disastro dietro la cortina fumogena assicurata dai media, più propensi a inseguire l'audience a colpi di scoop contundenti di cronaca nera, che a denunciare il malaffare dilagante o a chiedere conto delle decisioni prese in nome e per conto della collettività. Gli italiani indignati e non rassegnati le hanno provate tutte, dai social forum, ai girotondi, fino a ridursi all'inseguimento di Grillo, ma c'è stato poco da fare. Quasi tutte le grandi istituzioni ed associazioni italiane, quelle che hanno peso, dai sindacati ai partiti, fino all'associazionismo sportivo e culturale, sono ormai organismi presi in ostaggio dai rispettivi vertici che tradiscono ampiamente il loro mandato o, comunque, le altrui aspettative.

di Raffaele Matteotti

Bologna ha una moschea abbastanza grande da parecchi anni, che sta su un terreno che qualche anno fa si è deciso di destinare ad altro. L'amministrazione dell'epoca ha quindi convenuto di destinare un altro terreno per accogliere una nuova moschea, che sarà costruita a spese dei musulmani locali. Un bel progetto che assomiglia molto allo schema della parrocchia con l'oratorio, nel quale i musulmani locali potranno esercitare il loro culto con dignità. Nell'ultimo anno l'opposizione di centrodestra e la curia, non avendo molto da fare visto che Cofferati si è suicidato politicamente da solo ed è attaccato prima di tutto dai suoi, hanno pensato bene di opporsi alla costruzione della nuova moschea con ogni mezzo. Scelta politicamente legittima, presto diventata odiosa per le squallide scene alla quali ha dovuto assistere la cittadinanza. Non deve stupire. Dopo Giacomo Biffi il pastore tedesco ha mandato in città il cardinal Caffarra, che quando vede il “nemico” non va tanto per il sottile, a rischio di dire spropositi e di cadere nel peccato. La cifra della curia è quella di una gerontocrazia che racconta in giro che omosessuali e pedofili non sono tanto diversi, che dietro il fiorire di bottegucce tenute da bengalesi e pachistani ci sia un “piano di conquista” ed altre amenità del genere. Tutta robaccia detta e ridetta che comunque è in grado di allertare chi voglia capire da che parte tira il vento in curia.


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